Tribunale Genova Sez. VII, Ord., 22/06/2023. Il Tribunale genovese interviene con un'interessante pronuncia in materia di pignoramento presso terzi, chiarendo come gli adempimenti previsti dal rinnovato art. 543 c.p.c. a pena d'inefficacia del pignoramento debbano essere effettuati entro l'udienza effettivamente tenuta (nel caso di specie, rinviata d'ufficio dal giudice dell'esecuzione) e non quella originariamente fissata nell'atto di pignoramento.
Tribunale Genova Sez. VII, Ord., 22/06/2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di GENOVA
SEZIONE SETTIMA CIVILE
Il Tribunale in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:
DOTT. ROBERTO BRACCIALINI - Presidente
DOTT.SSA TABACCHI - Giudice
DOTT.SSA CHIARA MONTELEONE - Giudice Relatore
A scioglimento della riserva assunta all'udienza del 22.6.2023 nel procedimento per reclamo iscritto al n. r.g. 4269/2023 promosso da:
(...) rappresentata e difesa dall'avv. (...)
RECLAMANTE
Contro
(...) s.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. (...)
RECLAMATO
Ha emesso la seguente
ORDINANZA
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Con il presente reclamo (...) ha impugnato l'ordinanza del 5.4.2023 con la quale il G.E. presso questo Tribunale ha rigettato la richiesta di declaratoria di inefficacia del pignoramento mobiliare presso terzi instaurato nei suoi confronti da I. s.r.l.
La reclamante ha evidenziato che la procedura esecutiva sarebbe da ritenersi inefficace, ai sensi dell'art. 543, c. 5, c.p.c. (nella versione così introdotta dall'art. 1, c. 32, L. n. 206 del 2021, c.d. Riforma Cartabia), a causa del tardivo deposito dell'avviso di iscrizione a ruolo notificato, in quanto avvenuto in data 3.1.2023, ovvero successivamente alla data di comparizione indicata nell'atto di pignoramento presso terzi per il 23.12.2022.
Secondo la tesi della reclamante, il G.E. avrebbe errato nel ritenere che solo la mancata notificazione dell'avviso di iscrizione a ruolo comporterebbe la declaratoria di inefficacia della procedura esecutiva, non occorrendo invece che anche il deposito dell'avviso notificato avvenga entro lo stesso termine, trattandosi di un onere eccessivamente gravoso per il creditore procedente.
Ad avviso della difesa (...) invece, nei casi come quello in esame non sarebbe ravvisabile alcuna particolare esigenza di tutela nei confronti del creditore, posto che la data d'udienza è il frutto di una sua libera scelta; ne discende che il medesimo creditore potrebbe a certamente tenere in considerazione i tempi mediamente necessari per il perfezionamento della notificazione del pignoramento e, quindi, indicare una data di prima comparizione temporalmente "congrua", che gli consenta di portare a compimento l'attività processuale richiesta senza incorrere in decadenze. Nel caso di specie, il creditore non avrebbe in alcun modo tenuto conto dei tempi necessari per completare la procedura di notificazione, avendo consegnato all'Ufficiale Giudiziario l'avviso in discussione solamente in data 2.12.2023 (con udienza fissata al 23.12.2022) e, invece di chiedere che la notifica fosse effettuata personalmente a mani, avrebbe deciso di avvalersi del servizio postale, con tempistiche sicuramente maggiori. Infine, non sarebbe applicabile alla fattispecie il principio della scissione degli effetti della notificazione tra notificante e notificato, posto che esso troverebbe applicazione solo con riferimento ai termini già pendenti (come quello per l'impugnazione), e non con riferimento ai termini processuali non ancora pendenti al momento della notificazione, che iniziano a decorrere proprio da tale atto (cfr. Cass. S.U. 9535/2013; Cass. 27010/2008). Ad ogni modo, l'applicazione del suddetto principio non si potrebbe estendere fino a modificare e/o eliminare i termini perentori di decadenza imposti al notificante per l'adempimento di attività processuali successive alla notifica.
Si è costituita nel procedimento di reclamo la società creditrice sostenendo l'infondatezza del ricorso proposto e chiedendone il rigetto. Ha in particolare evidenziato che la tesi della reclamante è contraria alla ratio dell'art. 543 co. 5 c.p.c. e ai consolidati arresti giurisprudenziali in punto di scissione degli effetti tra notificante e destinatario della notifica. Secondo (...) s.r.l., non sarebbe affatto necessario il deposito dell'avviso di iscrizione a ruolo previamente notificato al debitore e al terzo entro la data di comparizione indicata nell'atto di pignoramento: difetterebbe un'apprezzabile ratio legis comparabile alla gravità della sanzione processuale (l'inefficacia del pignoramento) posta in capo al creditore procedente.
In ogni caso, sempre secondo la reclamata, rispetto alla data di comparizione indicata nel pignoramento (23.12.2022), tutte le notifiche dell'avviso di iscrizione risulterebbero tempestivamente eseguite nei confronti del debitore e dei terzi pignorati e il relativo deposito sarebbe stato eseguito (in data 3.1.2023) non appena furono restituiti i relativi avvisi di ricevimento. Si tratterrebbe quindi di una causa di decadenza non imputabile al fatto del creditore, con conseguente sussistenza dei presupposti di cui all'art. 153, c. 2, c.p.c. per la rimessione in termini: la cui istanza, già formulata in sede monocratica, viene formalmente riproposta anche nel presente procedimento.
Ciò premesso, ritiene il Collegio che il reclamo in esame sia infondato per le ragioni che seguono.
La disposizione di cui all'art. 543 co. 5 c.p.c., nella versione post riforma c.d. Cartabia ratione temporis applicabile alla fattispecie in esame, così recita: "Il creditore, entro la data dell'udienza di comparizione indicata nell'atto di pignoramento, notifica al debitore e al terzo l'avviso di avvenuta iscrizione a ruolo con indicazione del numero di ruolo della procedura e deposita l'avviso notificato nel fascicolo dell'esecuzione. La mancata notifica dell'avviso o il suo mancato deposito nel fascicolo dell'esecuzione determina l'inefficacia del pignoramento".
La norma, nella sua dizione letterale, è chiara nell'imporre al creditore procedente un doppio onere: egli deve non solo notificare al debitore e al terzo l'avviso di iscrizione a ruolo, ma anche depositarlo nel fascicolo dell'esecuzione entro la data di comparizione indicata nell'atto di pignoramento. La norma qualifica chiaramente tale termine come perentorio, prevedendo per l'inosservanza di entrambi gli oneri indicati la sanzione dell'inefficacia del pignoramento.
Ciò posto, deve però osservarsi che nella fattispecie la prima udienza di comparizione, indicata nell'atto di pignoramento per il 23.12.2022, è stata differita d'ufficio dal G.E. al 6.2.2023.
Pertanto, se in astratto è condivisibile la tesi del reclamante circa la necessità del tempestivo deposito dell'avviso notificato, nello specifico e in concreto tale tempestività va vagliata con riferimento alla nuova data fissata dal Giudice per la prima udienza.
Ritiene infatti il Collegio che l'onere imposto al creditore debba riferirsi a quella nuova data, in quanto fissata per la prima comparizione delle parti. Se è vero infatti che la norma in esame impone il deposito dell'avviso entro la data dell'udienza di comparizione "indicata nell'atto di pignoramento", è pur vero che la stessa norma si riferisce ai casi in cui quell'udienza viene effettivamente tenuta senza alcuno slittamento, senza prendere neppure in considerazione l'eventualità di un differimento della stessa per motivi indipendenti dalle ragioni delle parti.
Ma proprio perché la ratio della disposizione di cui all'art. 543 c.p.c. è quella di consentire al giudice dell'esecuzione di verificare l'effettivo compimento della notifica, e poiché la prima udienza è il primo momento utile per effettuare tale verifica, deve ritenersi che il deposito dell'avviso notificato debba avvenire entro quella data e non, irragionevolmente, entro la data originariamente fissata nell'atto introduttivo e poi differita per ragioni d'ufficio: nella quale data, nessuna udienza si è tenuta e nessuna verifica si è svolta.
La precedente lettura della disposizione in esame, che riconosce testuali effetti caducativi quando l'udienza fissata dal procedente si sia tenuta, ma non quando sia stata differita dal Giudice (ipotesi non contemplata dall'art. 543 c.p.c.), è coerente con il sistema normativo, in cui si può parlare senza incertezze di un principio processuale generale di necessario differimento dei termini assegnati alle parti - specie quando associati a decadenze/preclusioni varie - quando sia il giudice a modificare i tempi del contraddittorio con un suo provvedimento.
Esempi paradigmatici di applicazione di tale principio processuale si rinvengono nei casi di slittamento dei termini imposti alle parti per il compimento di determinati atti a causa del differimento d'ufficio dell'udienza di riferimento. Si pensi, così, al differimento dell'udienza di comparizione effettuato dal giudice ex art. 168 bis c.5 c.p.c. nella versione ante Riforma c.d. Cartabia: tale differimento, a differenza di quello d'ufficio previsto dal comma 4 della medesima disposizione, incide sul termine entro il quale il convenuto deve predisporre le sue difese depositando tempestivamente la comparsa di risposta, per non scontare significative preclusioni. Infatti, se viene disposto il rinvio di cui al 5^ comma citato, il termine previsto per la costituzione del convenuto va riferito alla nuova data della prima udienza, come specificato dall'art. 166 c.p.c. mediante espresso richiamo del comma quinto dell'art. 168 bis c.p.c.
Non si tratta di un principio processuale estintosi con l'ultima Novella, se è vero che, allo stesso modo, nel nuovo assetto successivo alla Riforma Cartabia è previsto che in caso di differimento della prima udienza da parte del giudice ex art. 171 bis c. 3 c.p.c., i termini per il deposito delle memorie integrative ex art. 171 ter c.p.c. (pure sanzionati da preclusioni) decorrano a ritroso rispetto alla nuova data della prima udienza fissata dal Giudice.
Non è fuor di luogo rilevare, peraltro, che il differimento d'ufficio dell'udienza di comparizione fissata dal procedente, nelle esecuzioni mobiliari e nei pignoramenti presso terzi, non è per nulla un'eventualità peregrina, soprattutto dopo la stagione pandemica e l'utilizzazione a regime delle videoudienze (vedi ora l'art. 127 ter c.p.c.), perchè corrisponde all'esigenza di scaglionamento temporale delle udienze secondo fasce orarie non sovrapponibili per una più razionale trattazione dei singoli procedimenti. Tale modulo organizzativo, in particolare, presso il Foro genovese risulta unanimemente adottato dai giudici dell'esecuzione, come da Progetto di esaurimento del contenzioso espropriativo mobiliare adottato da questa VII Sezione in data 9.6.2020, tuttora vigente, comunicato agli Ordini Professionali e reso pubblico attraverso il sito web del Tribunale.
Nel caso di specie, l'avviso notificato è stato pacificamente depositato in data 3.1.2023 e, quindi, successivamente alla data del 23.12.2022 originariamente fissata nell'atto di pignoramento, ma anteriormente rispetto alla nuova data di udienza fissata dal GE al 6.2.2023 per la prima comparizione delle parti.
Deve allora concludersi, per le ragioni anzidette, che tale deposito sia tempestivo, in quanto avvenuto entro la nuova data fissata dal Giudice per la comparizione delle parti.
La tempestività del deposito dell'avviso notificato rende evidentemente irrilevanti tutte le considerazioni svolte dalle parti circa l'applicabilità o meno del principio di scissione tra notificante e notificato e così pure la richiesta della reclamata di rimessione in termini ex art. 153 co. 2 c.p.c.
Neppure rileva l'eventuale responsabilità del creditore nella scelta della tipologia di procedimento notificatorio, anche con riferimento all'eventuale possibilità di notificare l'avviso ex art. 492 co. 2 c.p.c. per evitare ritardi nel perfezionamento della notifica. Quanto a quest'ultimo aspetto, peraltro, appare al Collegio incolpevole la scelta del creditore che, in sede di prima applicazione della nuova disposizione e a fronte delle incertezze applicative del primo momento applicativo della novella, abbia optato per una notifica alla parte personalmente, anziché per una notifica mediante il mero deposito in cancelleria.
Il reclamo deve in definitiva essere rigettato, se pure per motivi diversi da quelli evidenziati dal G.E. nell'ordinanza reclamata.
A fronte dell'assoluta novità della questione e delle incertezze applicative a cui ha dato adito la nuova disposizione normativa, specie nel suo primo scorcio applicativo, le spese di lite possono essere integralmente compensate tra le parti per entrambe le fasi cautelari.
P.Q.M.
- rigetta il reclamo;
- compensa tra le parti le spese di fase di prime cure e del reclamo.
Così deciso in Genova, nella camera di consiglio del 22 giugno 2023.
Depositata in Cancelleria il 22 giugno 2023.