Tribunale Tivoli, Sent., 09/02/2023.- Il diritto al sepolcro ha origine da una concessione amministrativa di un'area di terreno o di porzione di edificio in un cimitero pubblico di carattere demaniale (art. 824 c.c.): la concessione fa sorgere in capo al privato concessionario un diritto reale, opponibile iure privatorum agli altri privati, assimilabile al diritto di superficie: in tali ipotesi la giurisdizione è del giudice ordinario.Tale diritto degrada in diritto affievolito – più precisamente ad interesse legittimo - quando l'amministrazione concedente disponga la revoca o la decadenza della concessione per la tutela dell'ordine e della buona amministrazione: in tali casi, invece, la giurisdizione sarà del giudice amministrativo.
Tribunale Tivoli, Sent., 09/02/2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI TIVOLI
SEZIONE CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Valerio Ceccarelli ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 702/2018 promossa da:
A.A. e T.O., elettivamente domiciliati in V.LE GIULIO CESARE, n. 118, ROMA, presso lo studio dell'Avv. GIANFRANCO POLINARI, che li rappresenta e difende giusta procura in calce all'atto di citazione;
ATTORI
contro
COMUNE DI RIGNANO FLAMINIO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in VIA PISTOIA, n. 6, ROMA, presso lo studio dell'Avv. ALESSANDRO BIAMONTE, che lo rappresenta e difende giusta procura allegata all'atto di comparsa di costituzione e risposta;
F.A., elettivamente domiciliato in VIA DI DONNA OLIMPIA, n. 166, ROMA, presso lo studio dell'Avv. ALESSANDRO FERRANTE, che lo rappresenta e difende giusta procura allegata all'atto di comparsa di costituzione e risposta;
CONVENUTI
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Con atto di citazione, A.A. e O.T. hanno convenuto in giudizio il Comune di Rignano Flaminio e A.F., chiedendo la condanna dei convenuti alla demolizione dell'edicola funeraria realizzata nel cimitero di Rignano Flaminio da A.F., con la condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e morali cagionati.
A sostegno delle proprie domande, gli attori hanno dedotto:
- di essere titolari di concessione di area cimiteriale e di aver realizzato le rispettive edicole funerarie nel rispetto del Piano Cimiteriale Comunale;
- che il Comune di Rignano Flaminio, con Delib. n. 40 del 28 novembre 2003, in deroga al Piano Cimiteriale, ha autorizzato la creazione di due nuove cappelle in due aeree dapprima adibite a transito, destinandole alle famiglie M. e P., C. e R.;
- che tale atto amministrativo risultava in contrasto con le norme vigenti, come interpretate dalla giurisprudenza;
- che, a seguito della rinuncia alle rispettive concessioni da parte dei beneficiari di tali aree, il Comune di Rignano Flaminio, con Det. n. 261 del 8 maggio 2007, ha assegnato l'area cimiteriale, precedentemente identificata, ad A.F., autorizzando poi, con Det. n. 52 del 1 febbraio 2008, la rettificata della concessione cimiteriale n. 2029 del 29.06.2007 a favore di quest'ultimo;
- che tali amministrativi risultavano violativi della legge e del Regolamento di Polizia Mortuaria adottato dal Comune di Rignano Flaminio, che avrebbero imposto alla pubblica amministrazione di avocare a sé le due aree da concedere, procedere alla deroga al Piano Cimiteriale, successivamente porre a bando pubblico l'assegnazione delle predette aree;
- che la nuova costruzione dell'edicola funeraria da parte di A.F. ha ostruito il passaggio più semplice e diretto alle cappelle funerarie degli attori, ostacolando perfino l'apertura della porta della cappella;
- che la condotta tenuta dal Comune di Rignano Flaminio integra il reato di abuso d'ufficio, stante la palese violazione di norme e regolamenti, oltre a costituire un inadempimento contrattuale rispetto alle concessioni di aree cimiteriali destinate agli attori;
- che la controversia in esame involge il momento privatistico della concessione, relativo alle obbligazioni assunte dalla pubblica amministrazione nei confronti dei soggetti beneficiari, e il danno subito attiene al diritto soggettivo di sepolcro, avente natura reale e privatistica;
- che hanno subito danni patrimoniali derivanti dalla condotta inadempiente del Comune di Rignano Flaminio, nonché danni morali derivanti dalla consumazione del reato di abuso d'ufficio.
Si è costituito in giudizio il Comune di Rignano Flaminio, contestando la fondatezza della domanda attorea e rilevando:
- che le domande degli attori sono sottoposte alla giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto involgono ipotesi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e riguardano interessi legittimi;
- che le domande degli attori risultano infondate, riguardando profili rimessi alla discrezionalità dell'amministrazione e non essendo riscontrabili le violazioni di legge e regolamento, nonché la condotta inadempiente contestata;
- che il danno oggetto della pretesa risarcitoria è rimasto privo di specifica allegazione e di prova.
Si è costituito in giudizio A.F., contestando la fondatezza della domanda attorea, avanzando domanda riconvenzionale di risarcimento dei danni morali e rilevando:
- che la concessione cimiteriale a proprio favore, nonché gli atti amministrativi ad essa prodromici e collegati, risultano legittimi, non essendo riscontrabili le violazioni di legge e regolamento contestate dall'attore;
- che, in particolare, la concessione dell'area cimiteriale a proprio vantaggio era anteriore all'approvazione del Regolamento di Polizia Mortuaria, non potendo dunque essere lo stesso invocato per sindacare la legittimità dell'atto concessorio adottato;
- che la domanda attorea ha ingenerato nello stesso il dolore e la sofferenza per la possibile demolizione della cappella di famiglia, con conseguente integrazione di danno morale risarcibile, oltre alla condanna per lite temeraria.
Concessi i termini di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., le parti sono state invitate a precisare le conclusioni all'udienza del 07.12.2022 e la causa è stata trattenuta in decisione con la concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per comparse conclusionali e repliche.
Deve essere rilevato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario rispetto alle domande dell'attore volte ad ottenere la demolizione dell'edicola funeraria e il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti, in quanto dirette alla tutela di posizioni soggettive di interesse legittimo, rientranti nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
In base all'art. 7 del D.Lgs. n. 104 del 2010, "Sono devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie, nelle quali si faccia questione di interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, di diritti soggettivi, concernenti l'esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all'esercizio di tale potere, posti in essere da pubbliche amministrazioni".
Ai sensi dell'art. 133, comma 1, let. b) del D.Lgs. n. 104 del 2010, "Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salvo ulteriori previsioni di legge: ... b) le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, ad eccezione delle controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi e quelle attribuite ai tribunali delle acque pubbliche e al Tribunale superiore delle acque pubbliche".
La fattispecie in esame rientra nell'ambito di applicazione della richiamata disposizione, in quanto viene in rilievo un'ipotesi di controversia riguardante la concessione del bene pubblico demaniale, costituito dall'area cimiteriale.
Inoltre, la posizione soggettiva per la quale gli attori chiedono tutela risulta qualificabile come interesse legittimo, in quanto il bene della vita cui gli attori aspirano risulta correlato con l'esercizio del potere pubblico e conseguibile soltanto in seguito al corretto esercizio del potere.
In particolare, deducono gli attori che l'amministrazione comunale avrebbe emanato plurimi atti amministrativi illegittimi, incorrendo in plurime ipotesi di violazione di norme di legge e regolamento, ovvero di eccesso di potere.
A tal riguardo, rilevano le censure rivolte dagli attori:
- avverso la Delib. n. 40 del 28 novembre 2003, avente ad oggetto l'individuazione dell'area precedentemente adibita al transito come zona di realizzazione di due nuove cappelle;
- avverso la Det. n. 261 del 8 maggio 2007, che ha assegnato l'area cimiteriale precedentemente identificata ad A.F.;
- avverso la Det. n. 52 del 1 febbraio 2008, che ha disposto la rettifica della concessione cimiteriale n. 2029 del 29.06.2007 a favore di quest'ultimo.
Con riguardo alla Delib. n. 40 del 28 novembre 2003, avente ad oggetto la deroga del Piano Cimiteriale, con la creazione di due nuove cappelle, nelle aree prima adibite al transito, a favore delle famiglie M. e P., C. e R., gli attori deducono la "violazione delle norme vigenti e la violazione delle indicazioni della giurisprudenza univoca sul ponto".
Con riguardo alla Det. n. 261 del 8 maggio 2007, avente ad oggetto l'assegnazione ad A.F. dell'area cimiteriale, a seguito della rinuncia alle concessioni da parte dei precedenti assegnatari, gli attori deducono che "Il Comune di Rignano Flaminio avrebbe dovuto destinare nuovamente tali aree al transito, ovvero ai sensi dell'art. 54 del D.P.R. n. 285 del 1990 ed ex art. 73 del Regolamento di Polizia Mortuaria del medesimo comune del 30.05.2007 avocare a sé le due aree da concedere e procedere alla deroga al Piano Cimiteriale, con la redazione del piano in deroga, per poi porre a bando pubblico l'assegnazione delle predette aree".
Con riguardo alla Det. n. 52 del 01 febbraio 2008, avente ad oggetto la rettifica della precedente concessione dell'area cimiteriale, con trasferimento della stessa a favore di A.F., gli attori deducono che il Comune "ancora una volta in modo arbitrario e senza alcun bando pubblico trasferiva in favore del Sig. F. l'area cimiteriale ... senza alcuna apparente motivazione".
Le censure indicate risultano dirette ad evidenziare ipotesi di cattivo esercizio del potere pubblico, dal quale gli attori fanno discendere la domanda di condanna dei convenuti alla demolizione dell'edicola funeraria, in quanto eretta in attuazione dei provvedimenti amministrativi indicati come illegittimi.
In particolare, l'individuazione delle aree da adibire a transito ovvero alla creazione di cappelle funerarie, l'assegnazione di tali aree ad un determinato soggetto e l'adozione della concessione del bene demaniale rientrano nell'ambito di forme di esercizio del potere della pubblica amministrazione, nell'attività di gestione dei beni pubblici.
Si tratta di attività di ponderazione di interessi contrastanti, rimessa alla discrezionalità della pubblica amministrazione e all'esercizio del potere pubblico, con conseguente qualifica nei termini dell'interesse legittimo delle posizioni dei privati coinvolti, sottoposte alla giurisdizione del giudice amministrativo.
Inoltre, trattandosi di controversia avente ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, sottoposta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, occorre ricomprendere nella giurisdizione del giudice amministrativo anche le posizioni di diritto soggettivo, correlate con l'esercizio del potere pubblico.
Tale conclusione non è alterata da quanto dedotto dagli attori, che hanno sostenuto di agire per la tutela di diritti soggettivi, costituiti dal diritto di sepolcro e dalle posizioni derivanti dalla fase privatistica del rapporto di concessione tra amministrazione e soggetto concessionario.
In particolare, secondo la prospettazione degli attori, a fronte della fase privatistica di attuazione del rapporto concessorio, la pubblica amministrazione sarebbe incorsa in inadempimento rispetto alle obbligazioni sulla stessa gravanti nei confronti degli attori, avendo approvato atti amministrativi che impedivano il corretto accesso alle cappelle funerarie dei medesimi.
Al riguardo, gli attori hanno evidenziato, nella prima memoria di cui all'art. 183, comma 6, n. 1, c.p.c., che "al fine di chiarire il punto circa il giudice funzionalmente competente a decidere la controversia de quo bisogna esaminare le conclusioni spiegate nell'atto di citazione ... dall'esame della domanda proposta emerge in maniera chiara che l'azione è volta all'accertamento dell'inadempimento contrattuale posto in essere dal Comune di Rignano Flaminio per i fatti indicati nell'atto di citazione".
Tuttavia, per determinare il giudice dotato di giurisdizione, non occorre fare riferimento diretto alla pronuncia richiesta al giudice e alla prospettazione della parte, ma alla natura della posizione giuridica coinvolta, analizzando la causa petendi, o petitum sostanziale, posta alla base dell'azione.
Al riguardo occorre evidenziare che "la giurisdizione si determina in base alla domanda e, ai fini del riparto tra giudice ordinario e giudice amministrativo, rileva non già la prospettazione delle parti, bensì il petitum sostanziale, il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della causa petendi, ossia della intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio ed individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico del quale detti fatti costituiscono manifestazione" (Cass. Sez. Un. 10.12.2020, n. 28181, conf. Cass. Sez. Un., 31.07.2018, n. 20350).
Nel caso di specie, la causa petendi posta alla base della domanda attorea di condanna alla demolizione dell'edicola funeraria attiene evidentemente alla illegittimità dei provvedimenti amministrativi e dell'attività amministrativa consequenziale, che hanno consentito l'individuazione dell'area da adibire a cappella funebre e la successiva assegnazione della stessa mediante concessione.
Invece, non rileva la consistenza della originaria posizione soggettiva degli attori, titolari di diritto di sepolcro e della concessione dell'area cimiteriale. Infatti, a fronte dell'esercizio del potere pubblico di individuazione dell'area per la realizzazione di nuove cappelle funerarie e di assegnazione di tali aree mediante concessione, la posizione dei soggetti privati titolari di concessioni di aree confinanti deve essere qualificata come interesse legittimo oppositivo, rispetto ad una delimitazione sfavorevole delle aree coinvolte.
La scelta delle aree da adibire a cappelle funerarie e l'individuazione dei soggetti assegnatari non può essere ridotta ad adempimento di obbligazioni e violazioni di diritti, facendo riferimento alle posizioni dei soggetti confinanti. Invece, si tratta di attività che presuppongono l'esercizio di un potere da parte della pubblica amministrazione, peraltro connotato da evidenti margini di discrezionalità.
Parimenti irrilevante ai fini della configurazione della giurisdizione del giudice ordinario risulta la contestazione da parte degli attori della rilevanza della condotta pregiudizievole come abuso d'ufficio.
Infatti, l'abuso d'ufficio presuppone un'ipotesi di cattivo esercizio del potere, ossia di potere esercitato in violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge.
Diversamente dalla carenza in astratto di potere, connotata dalla mancanza della norma attributiva del potere, ipotesi non ricorrente nel caso di specie, il cattivo esercizio del potere postula l'esistenza di una situazione di potere della pubblica amministrazione, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo.
A fronte del necessario esercizio del potere pubblico e della correlativa qualifica come interessi legittimi della posizione dei soggetti coinvolti, risulta priva di rilevanza anche l'estensione della domanda di demolizione nei confronti del convenuto A.F., titolare di interesse legittimo pretensivo rispetto alla concessione dell'area e controinteressato rispetto alla posizione degli attori.
Infatti, anche rispetto alla posizione del convenuto A.F., non è individuabile un rapporto di diritti ed obbligazioni intercorrente con gli attori, trattandosi di soggetto privato coinvolto nell'azione della pubblica amministrazione e titolare di interesse legittimo contrapposto a quello degli attori, rilevante nell'ambito del procedimento amministrativo.
Anche la domanda di condanna del Comune di Rignano Flaminio al risarcimento dei danni patrimoniali e dei danni morali articolata dagli attori deve essere ricondotta nell'ambito della giurisdizione del giudice amministrativo.
Infatti, la pretesa risarcitoria trae origine dalla medesima causa petendi posta a fondamento della domanda di demolizione, ossia il cattivo esercizio del potere nella determinazione delle aree da adibire a cappelle funerarie, nella individuazione dei soggetti destinatarie e nel procedimento di concessione.
Anche in tale ipotesi, viene in rilievo la lesione di interessi legittimi degli attori, rispetto ai quali il risarcimento dei danni si configura come una tecnica di protezione dell'interesse legittimo, suscettibile di essere azionata davanti al giudice amministrativo. Infatti, il danno di cui viene chiesto il risarcimento sarebbe stato cagionato dalla pubblica amministrazione nell'ambito di un'attività di esercizio del potere pubblico, in conseguenza della violazione di leggi e regolamenti o di eccesso di potere, ovvero nell'ambito di un'ipotesi di abuso d'ufficio.
Inoltre, anche con riguardo alla domanda risarcitoria, non rileva la originaria configurazione della posizione degli attori come diritto soggettivo, occorrendo invece considerare che il danno lamentato deriva dall'allegato cattivo esercizio del potere, rispetto al quale la posizione vantata dal privato si atteggia come interesse legittimo.
Infine, anche in questo caso, trattandosi di controversia avente ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, sottoposta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, occorre ricomprendere nella giurisdizione del giudice amministrativo anche le posizioni di diritto soggettivo, correlate con l'esercizio del potere pubblico.
Invece, deve essere riconosciuta la giurisdizione del giudice ordinario in ordine alla domanda di risarcimento del danno morale articolata dagli attori nei confronti di A.F..
Infatti, si tratta di una domanda risarcitoria spiegata nei confronti di un soggetto privato, allegando una condotta illecita dello stesso.
Tale pretesa risarcitoria è stata prospettata dagli attori come "liquidazione dei danni morali di seguito indicati derivanti dalla consumazione del reato di abuso di ufficio che li vede parti offese".
Ai sensi dell'art. 323 c.p., "Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto, è punito con la reclusione da uno a quattro anni".
Nel caso di specie, gli attori non hanno neppure allegato il ricorrere di plurimi elementi costitutivi del reato, così da impedire ogni possibile accertamento da parte del giudice.
In particolare, gli attori non hanno neppure identificato il pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio coinvolto, oltre a non aver allegato l'assenza di margini di discrezionalità dell'attività amministrativa e l'intenzionalità della condotta.
In aggiunta, non viene neppure chiarito il coinvolgimento di A.F. nella condotta delittuosa del funzionario pubblico coinvolto.
La domanda si appalesa, dunque, manifestamente infondata.
Parimenti infondata è la domanda riconvenzionale articolata dal convenuto A.F. nei confronti degli attori, avente ad oggetto il risarcimento dei danni morali per il dolore e la sofferenza derivante dalla possibile demolizione della cappella di famiglia.
Al riguardo, è sufficiente rilevare che il preteso danno non riveste i caratteri dell'ingiustizia, in quanto la possibile demolizione della cappella di famiglia del convenuto costituisce l'oggetto della domanda giudiziale degli attori, avanzata nell'esercizio del diritto di ricorrere ad un giudice per la tutela delle proprie posizioni giuridiche.
La carenza di giurisdizione di questo giudice rispetto alle domande degli attori non vale a rendere qualificabile come fatto illecito la proposizione della domanda giudiziale.
Inoltre, emerge il carattere totalmente generico del patema d'animo che il convenuto allega di aver subito.
Anche la domanda del convenuto di condanna degli attori ai sensi dell'art. 96 c.p.c. deve essere respinta.
Va premessa l'impossibilità di riscontrare un danno quantificabile arrecato al convenuto dalla condotta processuale dell'attore ai sensi dell'art. 96, comma 1, c.p.c.
Con riguardo alle condizioni per la condanna ai sensi dell'art. 96, comma 3, c.p.c., la giurisprudenza ha rilevato che "la responsabilità aggravata ai sensi dell'art. 96 c.p.c., comma 3, a differenza di quella di cui ai primi due commi della medesima norma, non
richiede la domanda di parte né la prova del danno, ma esige pur sempre, sul piano soggettivo, la mala fede o la colpa grave della parte soccombente, sussistente nell'ipotesi di violazione del grado minimo di diligenza che consente di avvertire facilmente l'infondatezza o l'inammissibilità della propria domanda, non essendo sufficiente la mera infondatezza, anche manifesta, delle tesi prospettate" (Cass. n. 28226 del 14.10.2021, conformi, ex multis, Cass. n. 27326 del 24.10.2019; Cass. n. 7901 del 30.03.2018; Cass. Sez. Un. n. 9911, del 20.04.2018).
Nel caso di specie, nella difesa della parte attrice non è dato riscontrare mala fede o colpa grave, non potendo le stesse essere affermate soltanto alla luce dell'infondatezza delle tesi prospettate.
Le spese legali di lite tra gli attori e il convenuto Comune di Rignano Flaminio sono poste, in base al principio di soccombenza, a carico degli attori e si liquidano come in dispositivo, secondo il D.M. n. 55 del 2014 e successive modifiche.
Le spese legali di lite tra gli attori e il convenuto A.F. devono essere interamente compensate, in ragione della soccombenza reciproca rispetto alle domande risarcitoria rispettivamente articolate.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza e domanda rigettata o assorbita, così dispone:
dichiara il difetto di giurisdizione ordinaria, in favore del giudice amministrativo, in ordine alle domande degli attori di:
- condanna dei convenuti in solido tra loro alla demolizione dell'edicola funeraria eretta nel cimitero di Rignano Flaminio;
- condanna del Comune di Rignano Flaminio al pagamento di Euro 20.000,00, oltre interessi per ciascuno degli attori a titolo di risarcimento dei danni o per la riduzione del prezzo corrisposto;
- condanna del Comune di Rignano Flaminio al pagamento a titolo di risarcimento di danno morale di Euro 15.000,00 oltre interessi in favore di ciascun attore;
rigetta la domanda degli attori di condanna di A.F. al pagamento a titolo di risarcimento di danno morale di Euro 15.000,00 oltre interessi in favore di ciascun attore;
rigetta la domanda riconvenzionale del convenuto A.F. nei confronti degli attori di condanna al pagamento della somma di Euro 20.000,00 a titolo di danno da lite temeraria ed Euro 20.000,00 quale risarcimento del danno morale;
condanna gli attori A.A. e O.T., in solido tra loro, al pagamento in favore del Comune di Rignano Romano, delle spese del giudizio, che si liquidano in Euro 10.000,00 per compensi professionali, oltre oneri di legge.
compensa integralmente le spese di lite tra gli attori A.A. e O.T. e il convenuto A.F..
Così deciso in Tivoli, il 9 febbraio 2023.
Depositata in Cancelleria il 9 febbraio 2023.