Cass. civ., sez. III, sent., 9 maggio 2022, n. 14549 Presidente Spirito - Relatore Cricenti
Cass. civ., sez. III, sent., 9 maggio 2022, n. 14549
Presidente Spirito - Relatore Cricenti
Fatti di causa
1.- S.G. è stato ucciso durante una battuta di caccia da B.L.. s. aveva organizzato una caccia al cinghiale coinvolgendo diversi cacciatori e, durante gli appostamenti, aveva individuato l'animale avvisandone anche i compagni: uno di loro, B.L., ha sparato pensando di avere davanti la preda, ma, per sbaglio, ha colpito S. alla vena femorale, e costui è deceduto nel giro di circa un'ora.
I congiunti di s. hanno agito in giudizio sia nei confronti di B. che della compagnia di assicurazione (omissis), ora (omissis) SPA, con cui l'autore del fatto aveva in essere una copertura assicurativa per i danni eventualmente causati nel corso dell'attività venatoria.
2.- Oltre al coniuge ed ai figli, hanno poi agito, sempre. nei confronti dell'autore del fatto, anche i prossimi congiunti per il danno iure proprio: le due cause sono state riunite.
3.-(omissis) si costituita eccependo innanzitutto il difetto di copertura assicurativa, nel senso che tale copertura era da escludersi per gli incidenti occorsi durante battute di caccia illegali, ossia svoltesi in violazione della legge. La convenuta ha osservato che la battuta di caccia è - avvenuta senza autorizzazione amministrativa e in una zona in cui era consentita solo quella individuale, e non quella praticata in forma collettiva, come di fatto è accaduto.
3.- Il Tribunale di Fermo ha accolto la domanda, riconoscendo la piena responsabilità di B.L. , che, nel frattempo, aveva patteggiato una pena per omicidio colposo, ed ha altresì condannato la compagnia di assicurazioni a tenere indenne l'assicurato ritenendo coperto il rischio dedotto in contratto.
3.1.- Questa decisione è stata in gran parte confermata dalla Corte di appello di Ancona, salvo una diversa guantificazione del danno riconosciuto agli eredi.
3.2.- Ricorre la società (omissis) SPA con sei motivi di censura, mentre gli eredi di s. propongono ricorso incidentale con due motivi. V'è altresì il controricorso di B.L., nonché il controricorso della società (omissis) spa al ricorso incidentale degli eredi della vittima. Le parti hanno illustrato le loro ragioni con ulteriori memorie.
Il PG ha chiesto l'accoglimento del sesto motivo rigetto degli altri cinque, ed il rigetto del ricorso incidentale.
Ragioni della decisione
4.- Il ricorso principale pone tre ordini di questioni: la prima questione, illustrata dai primi due motivi, attiene all'ambito di efficacia della polizza: vale a dire mira a contestare che l'assicurazione coprisse anche i rischi verificatosi durante battute di caccia non rispettose delle regole imposte per l'attività venatoria.
La seconda questione, illustrata dal terzo e dal quarto motivo, attiene al concorso di colpa del danneggiato, negato dalla sentenza impugnata ed invece affermato dalla società ricorrente.
La terza questione attiene infine alla contestazione di alcune voci di danno che la ricorrente ritiene erroneamente riconosciute in favore degli eredi della vittima. Per contro, il ricorso incidentale contesta il mancato riconoscimento del danno da lucida agonia, e la liquidazione delle spese di lite calcolata sulla somma riconosciuta anziché su quella inizialmente pretesa con. la domanda introduttiva.
5.- Il primo motivo del ricorso principale, dunque, fa valere violazione o falsa applicazione della L. n. 157 del 1992, art. 1, e della L.R. n. 7 del 1995.
Il motivo mira a contestare la decisione impugnata nella parte in cui ha ritenuto che la copertura assicurativa per contratto veniva meno solo nel caso di attività venatoria posta in. violazione di leggi nazionali o regionali, ma non anche nell'ipotesi di attività venatoria esercitata in violazione di regolamenti provinciali. Secondo la ricorrente questa affermazione non terrebbe conto del fatto che il regolamento provinciale, che si assume violato, ossia il regolamento numero 30 del 2004, inizialmente adottato dalla provincia di Ascoli Piceno e poi fatto proprio dalla Provincia di Fermo, e un atto normativo vero e proprio in quanto emesso su delega legislativa della Regione.
La ricorrente segnala che il contratto prevedeva una copertura assicurativa per le attività di caccia praticate conformemente alle leggi, e che nel concetto di "legge" giusto quanto, detto prima, deve, per l'appunto, essere ricompreso il regolamento provinciale.
Questo argomento è ulteriormente sviluppato con il secondo motivo che fa valere violazione e falsa applicazione degli artt. 1363 e 1369 c.c.. Secondo la ricorrente la Corte d'appello avrebbe inteso il termine "leggi", contenuto nel contratto al punto 3, nel senso letterale, vale a dire nel senso di un atto normativo primario: infatti la Corte stessa ha osservato che, laddove invece, sempre nell'ambito del medesimo contratto, le parti hanno voluto riferirsi ai regolamenti, lo hanno espressamente detto, mentre invece dove quel riferimento non è espresso vuol dire che non hanno voluto farlo.
Secondo la ricorrente si tratta di un criterio interpretativo sbagliato poiché fa leva esclusivamente sull'argomento letterale ma non tiene in alcuna considerazione la ragione pratica del contratto, che era quella di sottoporre a garanzia assicurativa solo la caccia legale, cioè quella effettuata nel rispetto delle regole quali che esse fossero da un punto di vista formale, ossia quale che ne fosse la loro fonte, con la conseguenza che il termine "leggi" contenuto nell'art. 3 del contratto, deve intendersi in senso lato, come riferito sia ai provvedimenti normativi primari, che anche a quelli a quest'ultimi equiparati, compresi i regolamenti delegati.
Questi due motivi possono valutarsi insieme e sono infondati.
Innanzitutto, se è vero che il criterio letterale non può essere quello esclusivo ai fini dell'interpretazione del contratto dovendo quest'ultimo essere inteso anche alla luce del suo scopo pratico (da ultimo Cass. 34795/ 2021), è altresì vero che i giudici di merito non hanno fatto ricorso al criterio letterale, come suppone la ricorrente, bensì hanno inteso la regola contrattuale in base al canone ermeneutico di cui all'art. 1363 c.c..
Più precisamente, la Corte d'appello ha riferito alla interpretazione del contratto il canone ermeneutico utilizzato per l'interpretazione della legge, e riassunto dal brocardo secondo cui, ove il legislatore ha inteso prevedere una regola, lo ha espressamente detto (ubi voluit ibi dixit), e, viceversa, ove non ha intesò includere una regola, ha taciuto: osservano infatti i giudici di merito che, mentre in altre parti del contratto si era fatto riferimento espresso ai. regolamenti, nella clausola relativa alla Copertura dai rischi di caccia invece questo riferimento non era stato fatto.
L'interpretazione letterate è l'interpretazione che trae la regola dal senso letterale o grammaticale delle espressioni utilizzate, mentre in questo caso i giudici di merito hanno tratto la regola dal confronto tra più clausole dello stesso contratto: l'una inclusiva dei riferimento ai regolamenti, l'altra esclusiva di tale riferimento, e dunque hanno interpretato il contratto ai sensi dell'art. 1363 c.c., che prevede che le clausole si interpretano le une per mezzo delle altre, secondo il significato complessivo dell'atto, e lo hanno fatto correttamente, con la conseguenza che la denuncia di violazione degli artt. 1362 e 1369 c.c., è una denuncia che non coglie la ratio della decisione impugnata poiché censura il ricorso ad un criterio interpretativo diverso da quello effettivamente utilizzato daì giudici di merito.
E, tuttavia, anche a concedere che i giudici di merito abbiano proposto un'interpretazione letterale della clausola in questione, e l'abbiano. condotta in senso restrittivo, il motivo si rivela comunque infondato, in quanto il termine leggi, di per sé, fa il ferimento ad una normazione primaria statale o regionale alla quale non possono assolutamente ricondursi i regolamenti provinciali, che quella natura non rivestono, e questa conclusione può essere confermata proprio considerando lo scopo pratico delle parti quale criterio ermeneutico suggerito dalla stessa ricorreni-e: viene ossia in rilievo lo scopo della norma violata, nel senso che le leggi a cui fanno riferimento le parti, proprio perché si tratta di un contratto che mira a coprire i danni da attività venatoria, sono le leggi che pongono le condizioni di sicurezza dell'attività venatoria, e non quelle che si limitano a disciplinare o apporre una regolamentazione puramente amministrativa, o di altro scopo della attività di caccia al cinghiale.
Scopo pratico del contratto di assicurazione, in questo caso, è di escludere la copertura" per quei danni che sono l'esito della violazione di norme di sicurezza che l'assicurato dovrebbe osservare, non avendo rilievo la violazione di norme che mirano semmai ad organizzare l'attività venatoria secondo altri scopi, e la cui violazione non comporta quindi concretizzazione del rischio di danno.
Nella fattispecie, le parti avrebbero violato la norma che prevede che per quella zona la caccia è ammessa solo in forma individuale e non collettiva, norma che non ha lo scopo di evitare incidenti, ma che serve soltanto a regolamentare la caccia consentendo l'esercizio collettivo in alcune zone ed in altre no, e così deve dirsi per l'autorizzazione amministrativa a quella singola battuta di caccia, che ovviamente non finalizzata a creare condizioni di sicurezza, ma soltanto al controllo amministrativo dell'attività che si intende svolgere.
L'interpretazione fornita dalla Corte di merito di 'quella clausola contrattuale dunque è corretta sia da un punto di vista della scelta del criterio ermeneutico, che, si ripete, è quella dell'art. 1363 c.c., sia in riferimento allo scopo del contratto di assicurazione che mira ad escludere i danni derivanti dalla violazione di norme di sicurezza, e non già di norme di mera regolamentazione amministrativa o sportiva della caccia.
6.- Terzo e quarto motivo, come detto, attengono alla violazione delle regole sul concorso di colpa del danneggiato. In particolare, il terzo motivo denuncia violazione dell'art. 1227 c.c., comma 1, e rimprovera alla Corte di merito di avere erroneamente qualificato i fatti escludendo il concorso di colpa del danneggiato, ossia, pur avendo preso atto che costui non utilizzava il giaccone ad alta visibilità,e pure avendo preso atto che si era mosso dalla sua postazione iniziale per inseguire il cinghiale, non ha attribuito a tali circostanze di fatto le conseguenze giuridiche dovute, ossia quelle di ammettere che esse integravano un concorso di colpa del danneggiato.
Con il quarto motivo, che pure denuncia violazione dell'art. 1227 c.c., comma 2, la questione è riproposta sotto altro aspetto, ossia contestando alla Corte di merito di non aver tratto da quei pacifici fatti comunque una rilevanza del concorso di colpa del danneggiato, se non ai fini di escludere la responsabilità del danneggiante, in base all'art. 1227 c.c., comma 1, perlomeno di incidere sull'ammontare del danno in base al comma 2 della medesima norma.
motivi, che presentano aspetti comuni, possono essere scrutinati insieme e sono infondati.
Infatti, a pagina 11 (della sentenza impugnata, i giudici di merito osservano che la responsabilità è esclusivamente a carico del B. in quanto costui ha sparato pur senza che ci fosse una sufficiente visibilità del bersaglio, per via della fitta vegetazione dei posto, è dunque attribuiscono all'autore del fatto l'esclusiva responsabilità, ed espressamente escludono che l'eventuale imprudenza della vittima di non indossare il giubbotto possa aver ridotto la responsabilità del B. in alcun modo.
I giudici di merito aggiungono, infatti, a pagina 12, che le asserite violazioni dello S. non hanno inciso in alcun Modo a realizzare l'evento lesivo.
La Corte di merito ha dunque escluso con un accertamento in fatto, che qui non è censurabile, che il comportamento della vittima possa avere inciso in qualche modo: e dunque possa avere inciso sia sul nesso di causa che sull'ammontare del danno.
Va ribadito che in tema di risarcimento del danno, l'accertamento dei presupposti per l'applicabilità della disciplina di cui all'art. 1227 c.c., comma 2, - che esclude il risarcimento in relazione ai danni che il, creditore (o il danneggiato) avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza - integra indagine di fatto, come tale riservata al giudice di merito e sottratta al sindacato di legittimità, se sorretta da congrua motivazione (Cass. 3319/ 2020).
Ed analogo discorso deve farsi per la violazione dell'art. 1227, comma 2, cui è da aggiungere l'osservazione che la censura della società ricorrente non indica tuttavia aie modo, escluso che la vittima possa aver influito sulla causa del danno, possa invece aver contribuito a ridurne l'ammontare.
7.- Il quinto motivo denuncia violazione dell'art. 132 c.p.c., nonché omessa pronuncia su una specifica domanda.
Sostiene la ricorrente di avere proposto tempestivamente domanda di rivalsa nei confronti dell'assicurato, ossia di aver chiesto ai giudici di merito l'accertamento del diritto di rivalersi sul contraente, in relazione alle somme corrisposte al danneggiato, domanda che secondo la ricorrente non avrebbe trovato motivata risposta nella decisione impugnata, dove apoditticamente si esclude il diritto di rivalsa sul presupposto che la polizza era operativa e che alcuna norma è stata violata dall'assicurato.
Ritiene la ricorrente che la motivazione fornita dalla Corte è talmente insufficiente da non consentire di ricostruire le ragioni sulle quali è fondata.
Il motivo è infondato.
Infatti, la Corte espressamente rigetta la domanda di rivalsa in quanto ritiene che questa avrebbe potuto essere spiegata soltanto nel caso in cui l'assicurazione fosse stata obbligata a pagare per un comportamento colpevole dell'assicurato, ossia per un comportamento dell'assicurato posto in essere in violazione delle norme rilevanti nella determinazione dell'evento. Ritiene invece la Corte che, essendo accertato che non vi è stata alcuna violazione di norme rilevanti, salvo per l'appunto quelle regolamentari, da ritenersi però come si è detto non decisive, ne consegue che alcuna domanda di rivalsa può essere spiegata dalla assicurazione: si tratta di una spiegazione, oltre che sufficiente, dal momento che indica le cagioni del rigetto, ossia l'assenza di comportamento colpevole o illegale da parte dell'assicurato, altresì corretta, posto che costituisce la conseguenza obbligata dell'accertamento della operatività della polizza.
8.- Il sesto motivo denuncia generica violazione delle norme dei principi in tema di personalizzazione del danno biologico.
I giudici di merito hanno riconosciuto una maggiorazione del 50% del danno a favore della vedova M.S., sulla base di una relazione peritale che ha previsto la necessita per la danneggiata di elaborare il lutto ricorrendo a delle sedute di psicoterapia.
Secondo la ricorrente, l'elabora2ione del lutto è una conseguenza normale della perdita di un congiunto. e dunque non giustifica una maggiorazione del risarcimento, che invece presuppone conseguenze particolari o anormali dell'illecito. Inoltrè, ritiene la ricorrente che alcuna specifica allegazione o prova è stata addotta a dimostrazione della eccezionalità di tale evento nel caso concreto, o della sua particolare o speciale rilevanza.
Il motivo è fondato.
La Corte di appello ha ritenuto anormale il recupero del lutto, rispetto a ciò che normalmente avviene, sulla base di una indicazione. del consulente tecnico che ha previsto che il superamento di quello stato non potesse avvenire con il semplice passare del tempo, ma solo attraverso l'aiuto di 'una psicoterapia. Così facendo tuttavia ha violato le regole di personalizzazione del danno, in quanto, al contrario, ricorso alle terapie non comporta un eccezionale rimedio al danno, integrando piuttosto una tipica situazione di elaborazione del lutto. Era invece necessario motivare la ragione per cui il ricorso a quelle sedute di psicoterapia costituisce nella fattispecie, una eccezionale condizione rispetto a quelle che normalmente conseguono all'illecito (Cass. 25164/2020).
7.- V'è poi il ricorso incidentale degli eredi della vittima i quali con primo motivo denunciano violazione dell'art. 2059 c.c., contestando alla sentenza impugnata di non aver liquidato il danno da lucida agonia sulla base di una regola errata, ossia facendo applicazione di un criterio superato in giurisprudenza, in base al quale questo tipo di danno presuppone il decorso di un certo lasso di tempo durante il quale la vittima abbia la possibilità di rendersi conto della morte imminente, e che quindi esclude il risarcimento nel caso di morte sopraggiunta in un breve lasso di tempo, come nel caso presente, dove è passato poco meno di un'ora: ritengono i ricorrenti che questa regola è superata in giurisprudenza e deve invece ammettersi che il danno da lucida agonia prescinde dal tempo trascorso tra l'evento lesivo e la morte.
Il motivo è inammissibile.
Infatti, la ratio della decisione impugnata è diversa da quella che i ricorrenti incidentali attribuiscono ai giudici di merito: questi ultimi infatti, a pagina 18, escludono che siano emersi elementi sufficienti per poter dire che la vittima abbia avuto consapevolezza della morte imminente, essendo invece emerso che il defunto ha perso conoscenza subito dopo il fatto e dunque tale condizione gli ha impedito di rendersi conto di ciò che stava accadendo.
Con la conseguenza quindi che li danno da lucida agonia è stato escluso sulla base di un accertamento in fatto e non già applicando una regola superata in giurisprudenza.
Il secondo motivo di ricorso incidentale denuncia violazione del D.M. n. 55 del 2014, art. 5.
Sostengono i ricorrenti giudici di merito hanno erroneamente liquidato gli onorari di avvocato calcolandoli sul valore riconosciuto in sentenza, anziché sul valore originario della causa come invece avrebbe dovuto essere.
Il motivo è infondato.
Infatti, nella determinazione degli onorari di avvocato non ha valore vincolante nè l'uno nè l'altro parametro, ma il giudice deve verificare di volta in volta l'attività difensiva che il legate ha svolto, tenuto conto delle peculiarità del caso specifico, in modo da stabilire se l'importo oggetto della domanda possa costituire un parametro di riferimento idoneo ovvero se lo stesso si riveli del tutto inadeguato all'effettivo valore della controversia (Cass. 18507/ 2018; Cass. 1805/ 2012).
Il ricorso va dunque parzialmente accolto nei termini di cui in motivazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il sesto motivo del ricorso principale. Rigetta gli altri. Rigetta altresì il ricorso incidentale. Cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Ancona, in diversa composizione, anche per le spese.