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Sentenza

In albergo, nella sala colazione, viene rubata la borsa di una turista: responsa...
In albergo, nella sala colazione, viene rubata la borsa di una turista: responsabile il titolare della struttura alberghiera
Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 12 gennaio – 28 aprile 2021, n. 11193
Presidente Gorjan – Relatore Picaroni

Fatti di causa

1. Il Tribunale di Busto Arsizio, con la sentenza n. 83 del 2015, rigettò la domanda di risarcimento danni proposta da J.P.C.S. e da M.L.A. nei confronti della srl Hotel Astoria, che aveva azionato la manleva chiamando in causa l'Allianz s.p.a..
1.1. Secondo il Tribunale mancava la prova dell'entità del danno subito dagli attori per effetto del furto che si era verificato all'interno della sala colazioni dell'Hotel Astoria, dove un individuo rimasto ignoto aveva rubato la borsa della sig.ra J.P.C. .
2. La Corte d'appello, con sentenza pubblicata il 27 aprile 2016, ha riformato la decisione e liquidato in via equitativa l'importo di Euro 3.500,00, mentre ha rigettato la domanda di manleva proposta dall'Hotel Astoria nei confronti dell'Assicurazione.
3. La srl Hotel Astoria ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di quattro motivi. Non hanno svolto difese gli intimati J.P.C.S. , M.L.A. e Allianz spa.

Ragioni della decisione

1. Con il primo motivo di ricorso è denunciata, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5, violazione o falsa applicazione degli artt. 1783 e 1785 c.c., e si contesta il giudizio di responsabilità formulato a carico dell'Albergatore, escludendo la sussistenza delle scriminanti della colpa del cliente e della forza maggiore.
2. Con il secondo motivo è denunciata violazione o falsa applicazione dell'art. 1226 c.c., in relazione all'art. 2697 c.c., e si contesta che la Corte d'appello abbia liquidato il danno in via equitativa, pur ammettendo che non era stata raggiunta la prova del contenuto della borsa.
3. Con il terzo motivo è denunciata violazione o falsa applicazione dell'art. 1226 c.c., e si contesta il rigetto della domanda di manleva. La Corte d'appello sarebbe incorsa in errore nel ritenere operativa la clausola del contratto di assicurazione in forza della quale i danni da sottrazione di valore sono indennizzabili soltanto in caso di custodia dei "valori" in cassaforte, cassetta o armadio di sicurezza, diversamente da quanto era accaduto nella specie. In realtà, segnala la ricorrente, non vi era prova che nella borsa rubata vi fossero "valori" (carte e titolo di credito, danaro, gioielli, oro, pietre preziose), e non poteva farsi rientrare nella nozione di "valori" la somma di danaro liquidata in via equitativa dalla Corte d'appello a ristoro del danno subito dagli attori.
4. Con il quarto motivo è denunciata violazione o falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c. e si lamenta l'extrapetizione in cui incorsa la Corte territoriale per avere liquidato le spese del giudizio di primo grado in favore degli appellanti, nonostante questi avessero chiesto la compensazione.
5. I motivi sono privi di fondamento ove non inammissibile.
5.1. Il primo motivo attinge l'accertamento svolto dai giudici di merito riguardo alla responsabilità dell'albergatore per la sottrazione dei beni dei clienti, avvenuta all'interno dell'albergo. Premesso che, come emerge dalla sentenza impugnata, già il Tribunale aveva ritenuto sussistente la responsabilità dell'albergatore, pervenendo al rigetto della domanda risarcitoria per carenza di prova sul quantum, la valutazione in ordine alla applicabilità al caso concreto delle limitazioni previste dall'art. 1785 c.c., ovvero della colpa del cliente, costituisce apprezzamento riservato al giudice di merito, in quanto pertiene alla quaestio facti, e non è sindacabile in sede di legittimità ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, ma solo per vizio di motivazione, nei limiti entro i quali tale vizio è ancora denunciabile (per tutte, Cass. Sez. U. 07/04/2014, n. 8053). Nella specie, anche a voler ritenere denunciato il vizio di motivazione, stante il richiamo in rubrica all'art. 360 c.p.c., n. 5, il motivo non indica il fatto storico decisivo pretermesso dalla Corte d'appello (tra le molte, Cass. 29/09/2016, n. 19312), e ciò comporta l'inammissibilità della relativa censura.
5.2. Quanto detto nel paragrafo che precede, vale anche con riferimento al secondo motivo, che attinge la liquidazione equitativa del danno. La Corte d'appello, dopo avere rilevato la particolare difficoltà per l'attrice-appellante di dimostrare il contenuto della borsa, ha proceduto alla liquidazione equitativa del danno facendo ricorso ad una serie di valutazioni di comune esperienza, dando conto dei dati oggettivi acquisiti al processo (prelievo di 6.500,00 Euro 10 giorni prima del furto della borsa, nella quale erano custoditi un telefono cellulare ed una macchina fotografica), del contesto di riferimento (coppia di cittadini brasiliani in viaggio in Europa).
Secondo la giurisprudenza consolidata, la valutazione equitativa del danno è insindacabile in sede di legittimità, salvo che il giudice di merito non abbia dato conto del criterio utilizzato, ovvero la valutazione risulti incongrua rispetto al caso concreto o la determinazione del danno sia palesemente sproporzionata per eccesso o per difetto (tra le molte, Cass. 25/05/2017, n. 13153; Cass. 08/11/2007, n. 23304).
5.3. Il terzo motivo, che attinge il rigetto della domanda di manleva, è infondato.
La liquidazione equitativa del danno poggia sull'accertamento, effettuato dalla Corte d'appello, che la borsa sottratta alla sig.ra C. contenesse danaro contante in misura prossima all'importo riconosciuto, pari ad Euro 3.500,00, minima essendo l'incidenza degli altri beni ivi contenuti (un telefono cellulare ed una macchina fotografica).
E tale accertamento non può non valere ai fini della applicazione delle clausole del contratto di assicurazione, con la conseguenza che non essendo il danaro custodito in cassetta di sicurezza o altro dispositivo simile, il danno da sottrazione dei "valori" non era coperto dall'assicurazione.
5.4. Privo di fondamento risulta anche il quarto motivo di ricorso.
La statuizione sulle spese di lite è doverosa, e il giudice deve procedervi facendo applicazione del principio di soccombenza, sicché neppure astrattamente può configurarsi l'extrapetizione denunciata dalla società ricorrente. La richiesta i della parte in punto spese non vincola il giudice.
6. Al rigetto del ricorso non fa seguito pronuncia sulle spese, in assenza di attività difensiva dei soggetti intimati.
Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Avv. Antonino Sugamele

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