Notizie, Sentenze, Articoli - Avvocato Civilista Trapani

Sentenza

Assicurazione sulla vita, indennizzo escluso se la morte è provocata da infarto...
Assicurazione sulla vita, indennizzo escluso se la morte è provocata da infarto
Tribunale di Vicenza -Sezione civile -Sentenza 5 marzo 2020 n. 536
REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANOTRIBUNALE DI VICENZA
Il  Giudice  Istruttore  in  funzione  di  Giudice  monocratico,  Dott.  Massimiliano  De  Giovanni,  ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta a ruolo al numero 6742/2014 del Ruolo Generale avente ad oggetto: Opposizione a Decreto Ingiuntivo (n. 1899/2014), promossa dalla:Ax. S.p.A., in persona del suo Dirigente Sinistri dott.ssa Cl.Gi., con sede legale in Roma, Via (...), C.F. e numero di iscrizione al Registro delle Imprese di Roma (...), p.IVA (...), con l'avv. Gi.Fr.CONTROgli  eredi  di  Cr.Gi.,  ovvero:  GL.GI.,  C.F.  (...),  in  proprio  e  nella  sua  qualità  di  madre  esercente  la potestà genitoriale sui figli minori CR.FI., C.F. (...) e CR.AN., C.F. (...), tutti con l'avv. Lu.Se.MOTIVI DELLA DECISIONE:1. GLI ANTEFATTI E LE VICENDE PROCESSUALI.I coniugi Cr.Gi. e Gl.Gi., titolari di alcuni rapporti bancari presso la filiale di Valdagno di Ba.An., avevano  sottoscritto  due  polizze  "collettive"  di  Ax.  S.p.A.  a  mente  delle  quali,  in  caso  di infortunio  che  avesse  per  conseguenza  la  morte  dell'assicurato,  la  quale  sopravvenisse  entro due  anni  dal  giorno  dell'infortunio,  la  Compagnia  avrebbe  pagato  agli  eredi  del  contraente deceduto una certa somma.La  medesima  polizza  precisava  di  coprire  anche  infortuni  derivanti  da  malesseri  o  malori fondamentalmente  non  dovuti  a  condizione  qualificatamente  patologica,  e  di  non  coprire, invece, quelli conseguenti a sforzi muscolari con carattere traumatico.Purtroppo   il   giorno   4   maggio   2012    Cr.Gi.   decedeva,   improvvisamente,   per   arresto cardiocircolatorio, come accertato in seguito da apposita autopsia.Gli eredi, ritenendo che tale decesso fosse coperto dalla polizza, in quanto evento "non dovuto a   pregressa   condizione   patologica,   né   a   sforzo   muscolare   con   carattere   traumatico",   e stimando,  in  altre  parole,  che  l'evento  fosse  classificabile  come  "infortunio",  chiedevano  ed ottenevano da questo Tribunale un decreto ingiuntivo, per veder condannare la Compagnia a pagare l'indennizzo. La società ingiunta proponeva opposizione, dando vita per l'appunto alla presente causa.In  corso  di  causa,  il  Giudice  Istruttore  concedeva  al  decreto  la  p.e.  sulla  base  di  tre  ordini  di considerazioni: l'evento "infarto" può rientrare, secondo un'interpretazione orientata a buona 
fede e ragionevolezza, nella nozione di "infortunio" contemplata dalla polizza per cui è causa; al  tempo  stesso  l'infarto  non  rientra  negli  eventi  "esclusi"  dalla  copertura  assicurativa, laddove in altre polizze della stessa Compagnia, esso era stato contemplato fra le "esclusioni"; una  sentenza  del  Tribunale  di  Modena,  246  del  2011,  apparentemente  dettata  in  un  caso analogo, confortava detta conclusione.La causa è oggi in decisione.2. La DecisioneCorrettamente, la causa è stata spedita in decisione senza lo svolgimento di particolari attività istruttorie, in quanto la sua decisione dipende dalla risoluzione di una questione puramente di diritto,  che  si  può  in  estrema  sintesi  così  riassumere:  "l'infarto  del  miocardio,  quale  causa della morte del contraente della polizza per cui è causa, rientra nella  nozione di "infortunio", quale    contemplata    dalla    polizza,    nel    senso    che    la    morte    ad    esso    conseguente    è indennizzabile?".Prima  di   entrare   nel  merito  della   questione,  va   tuttavia   specificato  che,  con  eccezione preliminare, la parte convenuta ha lamentato difetto di legittimazione processuale della parte opponente  e  nullità  della  procura  in  quanto  mancherebbero  nell'atto  di  opposizione  la menzione della delibera del CDA di AX. che delegò la Dirigente d.ssa Gi. a rilasciare procura ad un legale, nonché le essenziali generalità anagrafiche della stessa Dirigente.In  verità,  sia  pure  con  ritardo  (ma  prevenendo  una  richiesta  del  Giudice,  che  avrebbe  potuto per  questo  solo  motivo  disporre  la  rimessione  della  causa  sul  Ruolo)  la  parte  opponente  ha alfine  prodotto  il  verbale  della  delibera  del  16/2/2012  con  cui  la  Compagnia  delegò,  fra  gli altri, alla d.ssa Gi. una serie di poteri di rappresentanza ivi compreso quello di nominare legali nelle controversie che vedono coinvolta la Compagnia.Cr.Gi.,  come  si  è  detto,  è  venuto  a  mancare  il  4  maggio  del  2012,  improvvisamente,  per  un arresto  cardiaco  dovuto   a   un  trombo  che,  ostruendo  un'arteria   coronaria,  ha   impedito l'afflusso del sangue al cuore.Non risulta che egli fosse assuntore di farmaci, ma, anzi, risultava un soggetto in buona salute.Ora,  a  ben  guardare,  lo  snodo  centrale  dell'intera  causa  sta  in  questo:  stabilire  se  un  infarto del miocardio sia, come assumono gli eredi, da qualificare come infortunio (essendo la morte conseguente a infortunio, per l'appunto, indennizzabile ai sensi di polizza), oppure non lo sia, come    assume    la    Compagnia    (risultando,    in    tale    caso,    la    conseguente    morte    non indennizzabile).In  corso  di  causa,  questo  stesso  Giudicante  aveva  concesso  la  p.e.  al  decreto  ingiuntivo ottenuto   dagli   eredi   del   Cr.,   prendendo   decisamente   posizione   in   favore   della   loro interpretazione.Oggi,  con  la  presente  sentenza,  riconsiderata e  ripensata la  questione,  pare  al  Giudicante  che la tesi corretta sia invece quella della Compagnia, la quale, muovendo dalla usuale distinzione dottrinaria  fra  "infortunio"  e  "malattia",  propone  di  escludere  l'infarto  acuto  del  miocardio 
senza  dubbio  dalla  prima  categoria,  e  ciò  sulla  scorta  degli  invalsi  criteri  di  definizione dell'una e dell'altra.In  base  a  tali  criteri  è  concepito  come  "infortunio",  in  materia  assicurativa,  ogni  evento  che, dovuto   a    causa    fortuita,   violenta   ed   esterna,   abbia    prodotto   nell'assicurato   lesioni oggettivamente  constatabili,  sia  che  esse  abbiano  comportato,  come  conseguenza,  la  morte, sia una invalidità, permanente o temporanea.In  altre  parole  l'infortunio  dev'essere  rappresentato  da  un  evento  dovuto  a  causa  fortuita (cioè   non   prevedibile  o  evitabile),  violenta  (immediata,  e   concentrata   nel  tempo -tale caratteristica  è  quella  che  maggiormente  differenzia  gli  infortuni  dalle  malattie,  che invece  si manifestano in tempi più lunghi) ed esterna (non interna al nostro organismo).Per malattie  invece  devono  intendersi  tutte  le  alterazioni  organiche  o  funzionali,  incidenti sullo stato di salute dell'individuo, che sono "interne" al soggetto.Appare dunque chiaro, avendo come parametro di riferimento tale criterio, che un infarto del miocardio,  essendo  mancante  della  componente  "esterna",  poiché  trattasi  ovviamente  di  un evento interno all'organismo umano, non può rientrare nella nozione di "infortunio".Né  la  predetta  conclusione  muta  per  il  fatto  che  la  polizza  per  cui  è  causa  contempli,espressamente,   l'inclusione,   fra   gli   eventi   assicurati,   della   morte   quale   conseguenza   di infortuni  "derivati  da  malori  o  malesseri",  che  però  devono  essere  di  natura  "passeggera",  e non patologici.La considerazione dei "malori" e dei "malesseri", infatti, è sussunta come rilevante, ai sensi di polizza,  soltanto  quando  essi  provocano  comunque  degli  "infortuni",  e  cioè  degli  eventi -si badi esterni all'organismo umano, e che, dunque, agiscano su di esso dall'esterno, benché essi abbiano   avuto   come   "causa   prima"   un   evento   interno   (che   è   appunto   il   "malore"   o "malessere").In  questo  senso,  appare  calzante  l'esempio  che  la  difesa  di  parte  opponente  ha  ritenuto  di proporre:  un  capogiro,  che  è  certamente  un  tipo  di  malessere,  transeunte  e  non  patologico (che  dura  lo  spazio  di  alcuni  istanti)  può  determinare  una  perdita  di  equilibrio  che  porta  il soggetto a cadere dalle scale riportando così un trauma e varie ferite dalla caduta; in tal caso ciò che rileva (se si producono anche le ulteriori conseguenze di cui alla polizza) non è tanto il malore o malessere in sé (quale causa prima, sia pure "interna") ma l'infortunio -caduta, con le sue ferite, quale causa "seconda" ma certamente "esterna" all'organismo.Si  è  detto  che  in  corso  di  causa  questo  stesso  Giudicante  aveva  aderito  alla  tesi  propugnata dagli  ingiungenti,  sulla  base  di  tre  considerazioni  da  essi  proposte,  che,  analogamente,  oggi, meglio riviste, non appaiono persuasive o condivisibili.La prima e la seconda -che possono essere trattate insieme -muovevano dall'assunto che una interpretazione   della   polizza   orientata   a   buona   fede   e   ragionevolezza   avrebbe   dovuto condurre  a  far  rientrare,  appunto,  l'infarto  nella  nozione  di  "infortunio"  contemplata  dalla polizza  per  cui  è  causa,  anche  perché -si  scriveva  allora -l'infarto  non  rientra  negli  eventi 
"esclusi"  dalla  copertura  assicurativa,  laddove  in  altre  polizze  della  stessa  Compagnia  (ma predisposte  successivamente  a  quella  per  cui  è  causa)  esso  era  stato  contemplato  fra  le "esclusioni".Ora, però, un'interpretazione ragionevole della polizza è piuttosto quella che non fa rientrare l'infarto nella nozione di infortunio, per le ragioni già dette, e per quelle che si espliciteranno al successivo punto.Poco o nulla, poi, rileva il fatto che la stessa, o altre Compagnie, in polizze "vita" predisposte in epoca  successiva  a  quella  per  cui  è  causa  (ove  pure  l'evento  morte  è  contemplato  quale conseguenza  di  infortunio),  abbiano  avuto  cura  di  specificare  che  l'infarto  è  evento  escluso dalla copertura (e dunque non è infortunio).Il  dato,  di  per  sé,  è  un  dato  neutro:  parte  convenuta  propone  di  leggerlo  nel  senso  che,  se  la polizza per cui è causa non conteneva tale precisazione, ciò significherebbe allora che l'infarto era  classificabile  come  infortunio,  e  tuttavia  esso può  essere  letto  anche  in  altro  modo:  le Compagnie  hanno  ritenuto  di  dissipare,  per  il  futuro,  dei  dubbi  interpretativi  probabilmente insorti   nel   passato,   ma   ciò   non   muta   il   fatto   che   l'infarto,   quale   evento   non   esterno all'organismo umano, non può essere classificato come un infortunio.La  terza  considerazione  era  che  una  sentenza  del  Tribunale  di  Modena,  la  n.  246  del  2011, dettata  in  un  caso  analogo,  pareva  confortare  la  tesi  degli  ingiungenti,  avendo  essa  concluso per l'inclusione dell'infarto nella nozione di infortunio.La   lettura   integrale   della   sentenza,   però,   suscita   delle   perplessità   sullo   snodarsi   della motivazione che ha condotto a tale risultato.Il  Tribunale  modenese,  infatti,  muove  dalla  premessa  per  cui  l'infarto,  a  rigore,  è  un  evento non  traumatico,  o  meglio  "non  direttamente  traumatico"  (ovvero  esso  è  un  evento  non violento).Subito  dopo,  esso  passa  in  rassegna  quella  giurisprudenza  che,  a  suo  dire,  ha  "esteso" l'assicurazione  contro  gli  infortuni  anche  ad  eventi  (appunto)  non  direttamente traumatici come  l'infarto;  nel  fare  ciò,  però,  il  Tribunale  cita  unicamente  giurisprudenza  "lavorista",  e menziona  tutti  casi,  e  solo  casi,  in  cui  l'infarto  fu  considerato  "causa  violenta"  per  effetto  di certe  condizioni  lavorative  di  stress  o  sforzo  fisico  o  anche  solo  emotivo  che  lo  poterono causare.Si tratta di casi di lavoratori giunti a essere colpiti da infarto perché sottoposti, lungamente, a condizioni di stress e pressione di notevole entità da parte dei loro datori di lavoro, e pertanto ben  si  può  affermare  che,  in  relazioni  a  tali  casi,  si  sia  formata  una  giurisprudenza  tesa  a "leggere"   l'infarto   come   il   risultato   di   una   condotta   sia   esterna   (poiché   in   definitiva proveniente dal datore di lavoro) che violenta (evidenziandosi in questo caso l'illegittimità del comportamento datoriale).Pare  tuttavia,  al  tempo  stesso,  che  si  tratti  di  una  giurisprudenza  non  estensibile  al  di  fuori dell'ambito  lavoristico,  e  al  di  fuori  dei  casi  menzionati,  proprio  perché  solo  nell'ambito 
lavoristico è ipotizzabile quella "pressione" indebita del datore di lavoro che si pone come una causa esterna e -a suo modo -violenta dell'infarto.Poco  comprensibile  diventa  poi  la  sentenza  modenese  laddove  enuncia  che  l'infarto  (inteso stavolta  in  senso  generale)  può  essere  inteso  come  evento  "violento"  poiché  è  una  "rottura dell'equilibrio  dell'organismo  concentrata  in  una  minima  misura  temporale"  (e  però  ciò  non toglie  che  esso  resta  un  evento  interno  all'organismo),  e  vieppiù  lo  diventa  quando  afferma che,  se  in  ambito  lavoristico,  ove  forte  è  la  tutela  per  il  lavoratore,  e  dove  chiara  è  la distinzione  fra  infortunio  e  malattia,  si  è  giunti  a  far  rientrare  l'infarto  nella  nozione  di infortunio,  allora  a  maggior  ragione  esso  vi  rientra  nell'ambito  di  una  polizza  stipulata  in regime di autonomia negoziale nell'ambito (rectius: a latere) di un rapporto bancario.Chi scrive, infatti, non condivide questo pensiero, parendo piuttosto essere vero il contrario, e cioè  che  quelle  ragioni  che,  in  ambito  lavoristico  possono  giustificare,  in  giurisprudenza,  il recepimento di una nozione più "ampia" di infortunio, vengono del tutto a mancare quando si esce da quell'ambito, e ci si sposta su un piano strettamente privatistico.Il   decreto   ingiuntivo   dev'essere   dunque   revocato,   mentre   ragioni   diequità   (basate essenzialmente  sulla  controvertibilità  della  materia)  impongono  di  compensare  le  spese processuali.PER QUESTI MOTIVI1. revoca il decreto ingiuntivo n. 1899/2014,2. condanna i convenuti a restituire all'opponente la somma di Euro 73.353,07 oltre interessi legali dal 29.02.16, quale rimborso della somma pagata in ottemperanza alla p.e. del decreto,3. compensa le spese processuali fra le parti.Così deciso in Vicenza il 5 marzo 2020.Depositata in Cancelleria il 5 marzo 202
Avv. Antonino Sugamele

Richiedi una Consulenza